the Eye





  • "The Eye is a lonely Hunter"
    Opere di Baerbel Reinhard e Rachele Salvioli
    Testo di Christian Rainer


    Partiamo dall'occhio, ovvero dallo sguardo e dall'atto del guardare.
    La vista, tanto per l'uomo quanto per l'animale, è sempre stata veicolo di conoscenza e garanzia di sopravvivenza.
    L'occhio, alla stregua di un animale selvaggio, è carico di istinto e l'istinto dell'occhio è quello del guardare, senza premeditazione, ma per sua stessa natura.
    Ciò di cui l'occhio va a caccia sono le immagini, nella stessa misura e con lo stesso metodo in cui il predatore va a caccia di prede: identificando il soggetto nel mucchio, focalizzandosi su di lui, seguendolo e - qui la simbolica differenza - immortalandolo o uccidendolo, rendendolo immortale o morto.

    La pratica della caccia, accompagnando l'uomo attraverso la storia, poiché alla base della propria sussistenza è parte integrante della memoria sia collettiva, sia personale, al punto da diventarne archetipo inestirpabile. 
    Nella dimensione privata che caratterizza le opere di Baerbel Reinhard, la questione è affrontata con un salto indietro della memoria, fino agli esordi della propria storia personale e familiare, edulcorata attraverso il filtro dell'infanzia che è, non casualmente, di per sè un' età "selvatica", una condizione quanto più simile a quella animale, nella quale prevale l'istinto a discapito della razionale distinzione tra bene e male.

    Un'espediente per realizzare tale superamento - invece insuperabile nell'uomo adulto e culturalizzato - è l'estetizzazione della crudeltà che in questa maniera perde qualsiasi possibilità di giudizio, diventando puramente un fatto, una condizione a priori, vale a dire una necessità animale (come nei ritratti di rachele Salvioli)
    Il ruolo di chi preda e di chi è predato equivale a chi guarda e chi è guardato, ma allo stesso tempo opera un ribaltamento:come possiamo verificare, nel tentativo di farsi celebrare, il cacciatore cade nella trappola dell'immagine che lo immortala, diventando così preda del fotografo, del suo occhio che, come si è detto, per istinto osserva, prende di mira, tiene in memoria.
    Infatti è su tale istinto, sull'impulso innato di osservare con selezione e bloccare, che nasce questo insieme di opere, prima ancora dell'importanza attribuita al soggetto mirato.
    Tale pensiero è ben riassunto da Blaise Pascal, il quale ha scritto che in vero il cacciatore, senza saperlo, cerca la caccia e non la preda.